Il precario equilibrio tra salari e costi del Ticino

Il potere d’acquisto dei cittadini diminuisce, il rincaro non sempre viene riconosciuto, gli affitti sono in aumento, così come i premi dell’assicurazione malattia. Questi sono gli attuali problemi che i nostri cittadini devono affrontare. Gli enti pubblici, presso i quali vi è un numero importante di dipendenti, devono fare i conti con il gettito d’imposta, ma se i redditi diminuiscono anche il gettito segue.
Nel contempo le uscite dello Stato aumentano. I datori di lavoro privati sono nella morsa di una sempre più agguerrita concorrenza sul mercato, dei ricavi che si riducono, delle oscillazioni monetarie (per un Paese come il nostro che si nutre di esportazioni è un serio problema), degli aumentati costi di ogni tipo. Infine i datori di lavoro lamentano una carenza di lavoratori qualificati e non. Questi sono solo alcuni elementi, parte dell’intero puzzle. Un mondo nel quale trovare le soluzioni non è facile e le frasi demagogiche non aiutano nessuno.

Nel nostro Cantone la situazione si complica (cfr. differenze salariali tra Ticino e resto della Svizzera di Maurizio Bigotta e Vincenza Giancone, gennaio 2023, Ufficio di statistica). Vi è infatti una disparità salariale tra Ticino e il resto della Svizzera (più del 20%), una migrazione oltre Gottardo della manodopera residente (soprattutto negli alti profili), giovani ticinesi formati che non rientrano nel Cantone, vi sono problematiche legate al reddito dei pensionati (previdenza professionale, riforma AVS e LPP), un aumentato tasso d’inflazione e un aumento costante dei premi dell’assicurazione malattia. La mediana salariale del settore privato in Ticino è di 5.203 franchi, mentre nel resto della Svizzera è di CHF 6'414, ossia superiore del 23,3%. Se poi si osserva l’evoluzione tra il 2010 e il 2020 la mediana del Ticino è aumentata del 3,7% (CHF 188.-), mentre quella del resto della Svizzera del 7,3% (CHF 439.-), preoccupante che la mediana ticinese si sta allontanando da quella del resto del Paese. 

Nel 2010 infatti lo scarto rispetto al resto della Svizzera, pari a 960 franchi, era più basso e corrispondeva al 19,1% del salario mediano ticinese. Interessante l’approfondimento nel precitato studio quando gli autori fanno la distinzione tra residenti e frontalieri con dinamiche specifiche: i salariati residenti presentano nei salari una differenza inferiore tra il Ticino e il resto della Svizzera pari all’11,5% e che, a parità di condizioni, cresce fino al 16,1%; i frontalieri attivi in Ticino e quelli del resto della Svizzera rappresentano differenze molto più elevate, pari al 38,5% (la differenza viene ridimensionata a parità di condizioni, anche se resta elevata al 31,6%). Nel nostro Cantone i residenti occupano le posizioni meglio retribuite, mentre i frontalieri, occupano quelle meno retribuite. Nel resto della Svizzera invece i residenti occupano tutte le posizioni sul mercato del lavoro. I salariati del resto della Svizzera che hanno una formazione terziaria percepiscono un salario mediano superiore del 36,6% rispetto ai salariati in Ticino, mentre per coloro che hanno conseguito una formazione secondaria e primaria la differenza salariale osservata nel supporto comune risulta sempre inferiore rispetto al resto del Paese (rispettivamente 14,7% e 18,4%), ma i valori sono almeno dimezzati rispetto a chi ha una formazione terziaria.
Il costo della vita è sicuramente uno dei motivi della differenza salariale tant’è che i residenti in Ticino hanno un costo della vita (incluso anche la tassazione e la cassa malati) superiore a quello dei frontalieri attivi. La manodopera pendolare straniera percepisce, a parità di condizioni, un salario mediano dell’8,2% inferiore a quello dei residenti.

Difendere gli interessi dei ticinesi significa comprendere quanto avviene cercando poi di porsi delle domande per arrivare a delle soluzioni. La Svizzera è una nazione unica nel suo genere, fondata sull’unità nella diversità.

Riconoscendo il valore della cooperazione tra i cantoni e il rispetto delle loro peculiarità è più che necessario garantire un equilibrio tra le esigenze di ogni regione e gli obiettivi dell’intero Paese. Nei rapporti tra la Svizzera e il Ticino la collaborazione e il dialogo sono fondamentali. La collaborazione fra Cantoni deve permettere un riequilibrio dei Cantoni più penalizzati, fra i quali il nostro.
Troppo semplicistico demonizzare gli accordi di libera circolazione con l’UE. D’un lato un alto numero di frontalieri mi fa dire che la nostra economia li richiede, d’altro lato spetta a noi vegliare per evitare che i nostri cittadini vengano penalizzati.

Cosa fare? La politica Svizzera e ticinese deve cercare e attuare soluzioni per migliorare la concorrenzialità nel mondo del lavoro dei nostri cittadini. In primis la formazione, a tutti i livelli e a tutte le età. Vi è chi a Milano addirittura studia lo svizzero tedesco pur di poi trovare un posto ben retribuito in Svizzera. In secondo luogo si tratta di far comprendere il fatto che, purtroppo, il posto di lavoro non lo troviamo più sotto casa.
In terzo luogo dobbiamo aiutare le mamme che partoriscono e devono interrompere la loro formazione o la loro attività professionale. In un mondo che invecchia è più che indispensabile sostenere il tasso di natalità ma poi bisogna mettere a disposizione strutture di appoggio per le mamme in modo da permetter loro, compatibilmente con la nascita del figlio, di rimanere nel mondo del lavoro.
Non dimentichiamo neppure che il nostro sistema sociale, pur performante che sia, a volte porta chi ne usufruisce ad adagiarsi; in tal senso occorrono misure atte ad invogliare il più possibile le persone a reinserirsi nel mondo del lavoro. Insomma, non diamo sempre la colpa ai bilaterali ma aiutiamo i nostri ticinesi ad essere migliori e d’interesse per tutti i datori di lavoro.



Questo e altri articoli sul numero 416 di Progresso Sociale, il periodico dei Sindacati Indipendenti Ticinesi distribuito gratuitamente ai suoi soci.

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