Lavoro a tempo parziale in aumento scelta o obbligo?

Lavoro a tempo parziale — tra i paesi dell'UE la Svizzera è seconda solo ai Paesi Bassi. Negli ultimi dieci anni le persone occupate a tempo parziale sono aumentate tre volte di più rispetto a quelle persone occupate a tempo pieno (+14,7% contro +4,4%). Dalla rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera (RIFOS) realizzata dall'Ufficio federale di statistica (UST) emerge che nel 2022 oltre un terzo delle persone occupate in Svizzera — 4,5 milioni tra i 15 e i 64 anni — lavora a tempo parziale. Dallo studio appare un altro dato interessante, ovvero che in questo decennio l'aumento del lavoro a tempo parziale é stato particolarmente alto per gli uomini mentre, d'altra parte é aumentata la percentuale delle donne che lavorano a tempo pieno. Oggi metà delle donne, senza figli sotto i 15 anni, lavora a tempo pieno e circa un terzo ha un'occupazione inferiore al 70%. Tra le donne lavoratrici, con figli in età pre-scolastica e scolastica, invece solo una su cinque é impiegata a tempo pieno. Nel 2020 il 79% delle donne, con figli giovani, lavorava infatti a tempo parziale (tra il 20 e il 69%). Il tempo parziale tra gli uomini é una scelta più rara e riguarda solo il 13%. La motivazione più diffusa tra gli uomini è la necessità di tempo per fare formazioni e non per occuparsi dei figli come accade per una buona fetta delle donne che lavorano a percentuale ridotta. L'occupazione a tempo parziale aumenta all'avanzare dell'età, l'85,1% delle persone occupate in età di pensionamento lavora part-time. Mentre solo un quarto dei giovani dai 15 ai 24 anni lavora a tempo parziale. Nelle fasce di età intermedie il numero di persone occupate a tempo parziale è già significativamente maggiore (25-39 anni: 31,9%; 40"“54 anni: 38,4%; 55-64 anni: 41,1%). Se nei paesi dell'Europa meridionale e orientale uomini e donne che lavorano a tempo parziale lo fanno perché non hanno trovato un impiego a tempo pieno, in Svizzera e altri paesi più a nord la motivazione principale é la necessità di tempo per prendersi cura dei figli, di seguire corsi di aggiornamento così come per altri motivi familiari e personali…

Sara (Camignolo), 33 anni, organizzazione eventi
La mia scelta di lavorare a tempo parziale è stata da una decisione mia. Recentemente questa scelta é stata confermata anche da una diagnosi medica. Ho lavorato per tanti anni nell'organizzazione di eventi in tutto il mondo, una professione che ho adorato perché mi ha permesso di conciliare la passione per i viaggi. Si trattava però di un impegno che mi occupava al 180%, i weekend non esistevano, non avevo tempo per i miei famigliari, il mio ragazzo e per me stessa. Vivevo di corsa e quindi in continuo squilibrio senza avere un attimo per riflettere sulla direzione in cui desideravo veramente andare. In quegli anni vorticosi ho lasciato andare molti aspetti per me importanti, la coltivazione dei rapporti come dicevo prima ma anche le mie passioni e il benessere psicofisico. Sono sempre stata un'amante dello sport che per me é fondamentale per sentirmi e vivere bene. Quando ho deciso di licenziarmi per andare a fare un volontariato all'estero una delle Miles Stones che mi sono imposta per il mio rientro é stata quella di non riprendere un impiego a tempo pieno. Quest'esperienza di viaggio mi ha ricordato quanto il tempo per se sia importante per vivere bene. Siamo inseriti in una società che ci chiede sempre di più e sottoposti a ritmi pressanti che ci fanno dimenticare le cose davvero importanti. Rientrata, ho cercato lavoro in un'epoca non facile, …

Giorgia (Giubiasco) 40 anni, cuoca
Ridurre la percentuale lavorativa più che una scelta per me è stato un "obbligo". Diventando mamma,
continuare a lavorare nella gastronomia a tempo pieno sarebbe stato molto molto difficile. Questo per via di orari completamente diversi e incompatibili con quelli convenzionali. Un altro ostacolo importante é l'assenza di sostegno alla cura dei figli da parte di terzi oppure, se presenti, assolutamente inaccessibili finanziariamente per gli stipendi di due cuochi: io e mio marito siamo entrambi nel settore. Io amo il mio lavoro e se non fossi diventata mamma, non avrei abbassato la mia percentuale lavorativa e sarei rimasta nella gastronomia. Avevo un lavoro a tempo pieno con un contratto cantonale al Ristorante Castelgrande di Bellinzona, che mi piaceva. Con la nascita di nostro figlio ho chiesto un congedo non pagato, dicendo di voler tornare ad una percentuale ridotta, il primo me l'hanno concesso, il secondo no! Praticamente mi hanno costretta a licenziarmi poiché mi avrebbero ripresa solo se fossi tornata a tempo pieno. Così facendo, loro ne uscivano puliti per legge, mentre io non avrei potuto accettare. Nel mentre sono stata molto fortunata a trovare una soluzione lavorativa perfetta che mi permette di fare sempre il mio lavoro e allo stesso tempo la mamma. Facendo la cuoca della scuola dell'infanzia non devo dipendere quasi mai da terzi per la cura di mio figlio. In futuro, quando mio figlio crescerà e diventerà più autonomo, mi piacerebbe trovare impieghi part-time che mi permettano di mettere a frutto la mia passione per la gastronomia. Tra i miei sogni ci sono un food-truck con cui portare offerte culinarie curate ai Festival, così come fare un periodo lavorativo in una Capanna di montagna con mio marito e mio figlio…

Questo e altri articoli sul numero 415 di Progresso Sociale, il periodico dei Sindacati Indipendenti Ticinesi distribuito gratuitamente ai suoi soci.

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