Una nuova e importante fase per la pianificazione del territorio

Sebbene materia tecnica complessa, la pianificazione del territorio è fuor di dubbio fra gli atti più politici che vi siano: le decisioni prese influenzano infatti non solo lo sviluppo urbanistico e territoriale, ma anche quello sociale ed economico, costituendo un prezioso momento per la discussione e l’impostazione del futuro di un Paese.

La mancata legge urbanistica e la LPT del 1979

Non stupisce quindi che nel corso degli ultimi 50 anni la pianificazione del territorio sia stata oggetto di evoluzioni importanti, sia dal punto di vista legislativo, sia in relazione ai suoi obiettivi e strumenti. Un punto di svolta in Ticino è stato il dibattito sulla Legge urbanistica cantonale, votata dal Gran Consiglio nel 1968 ma caduta in votazione popolare l’anno seguente. Una legge innovativa che puntava all’ordinamento del territorio in un momento di forte e incontrollato sviluppo edilizio nei nostri preziosi fondivalle, la cui bocciatura ha costretto il governo cantonale ad operare “per decreto” nei primi anni ’70, in modo da limitare un’espansione incontrollata delle zone edificate in attesa della Legge federale sulla pianificazione del territorio (LPT), entrata in vigore nel 1979.

La revisione della LPT del 2013

Nel 2013 il popolo svizzero ha poi approvato una serie di modifiche alla LPT, con un particolare riferimento all’uso razionale del suolo e alla necessità di non estendere ulteriormente le zone edificabili esistenti. In sostanza, ogni ulteriore sviluppo deve ora avvenire all’interno dei comparti già edificati e con un’attenzione alla qualità dello spazio costruito. Tutti i cantoni hanno quindi dovuto adattare i propri atti legislativi in modo da conformarli al nuovo diritto, mentre il Consiglio Federale ha varato, quale misura transitoria, una moratoria sull’estensione di zone edificabili. In Ticino il tutto si è concretizzato con la modifica di 3 schede fondamentali del Piano Direttore Cantonale: R1 sul modello territoriale comunale, R10 sulla qualità degli insediamenti e R6 sullo sviluppo degli insediamenti e la gestione delle zone edificabili. Quest’ultima scheda è stata oggetto di ricorsi, poi evasi dal Gran Consiglio nel 2021.

Lo sviluppo centripeto di qualità

La scheda R6 incide in modo particolare sull’azione dei comuni nell’ambito della revisione dei propri strumenti pianificatori e si fonda in maniera specifica sull’obbligo di attuare uno sviluppo centripeto di qualità. In altre parole, si vanno a densificare le costruzioni ad uso abitativo e lavorativo laddove sono presenti degli elementi d’importanza strategica, quali nodi del trasporto pubblico, dello svago, dei servizi e del commercio. Nel contempo però, per ovviare alle conseguenze negative di una mera densificazione, vanno incrementate la qualità del tessuto costruito e la rete di spazi liberi accessibili a tutti e multifunzionali, tenendo in debita considerazione l’identità dei luoghi, nonché le relative tracce storiche e culturali.

I prossimi passi per i Comuni

Entro 2 anni dall’entrata in vigore della Scheda R6, i Comuni devono dunque definire il dimensionamento del proprio PR rispetto all’evoluzione demografica nei prossimi 15 anni (compendio sullo stato dell’urbanizzazione) e sottoporlo al Dipartimento del territorio per una verifica (esame di plausibilità). Una volta consolidati i dati, i Comuni hanno poi due anni di tempo per dotarsi di un Programma d’azione comunale (PAC) per lo sviluppo centripeto di qualità che contenga tutti gli elementi utili per indirizzare la strategia di crescita del Comune. A seconda dei dati sul dimensionamento, il Comune dovrà apportare i dovuti adattamenti ai suoi strumenti pianificatori, in modo da perseguire gli obiettivi del PAC. Nel caso di un sovradimensionamento significativo (vale a dire oltre il 120%) il Comune è tenuto fin da subito ad adottare delle misure di salvaguardia della pianificazione in attesa di stabilire i nuovi indirizzi pianificatori che andranno a correggere la situazione (se necessario con i dovuti dezonamenti). A prescindere dal fatto che ogni comune può strutturare il PAC come meglio ritiene giusto per le sue peculiarità, vi sono tre elementi che andranno sempre considerati nell’elaborazione di questo strumento: in primis l’analisi della situazione esistente sul territorio; secondariamente la definizione della strategia per ambiti tematici o comparti territoriali, e infine la programmazione di azioni e misure (modifiche pianificatorie, ma anche progetti concreti sia a livello costruttivo o ambientale, sia di politica sociale e/o economica, senza escludere atti formali in ambito fondiario).

Rischi e opportunità

Fra i dubbi emersi nell’ambito della discussione parlamentare vi sono quelli relativi a eventuali obblighi di dezonamenti con relativi indennizzi ai proprietari, per i quali il Gran Consiglio ha iniziato a stanziare un credito di 4 milioni (con un emendamento che ne chiedeva addirittura 50) a sostegno dei Comuni che dovessero dover procedere in tal senso, assumendosene la maggior parte dei costi. Ad aggiungersi vi è anche la divergenza tra Cantone e Confederazione sui dati da utilizzare per le proiezioni demografiche (più ottimistiche quelle di Bellinzona, più pessimistiche quelle di Berna) che naturalmente impattano sul dimensionamento delle zone edificabili. In attesa che il Cantone si esprima sugli studi sul compendio sullo stato di urbanizzazione dei PR, i Comuni iniziano a impostare i PAC che – al di là delle preoccupazioni segnalate – costituiscono un importante opportunità per impostare il futuro del nostro territorio. In altre parole per fare politica. Ad esempio come Città di Locarno abbiamo deciso di destinare un importo di CHF 500’000 a tale scopo, optando per un processo partecipativo e un mandato di studi in parallelo con tre studi interdisciplinari che permettano di raccogliere più stimoli possibili per l’elaborazione di un PAC capace di determinare in modo positivo il futuro territoriale, ambientale e socio-economico della Città. Mai come oggi stiamo quindi per disegnare il territorio e la società di domani.




Questo e altri articoli sul numero 418 di Progresso Sociale, il periodico dei Sindacati Indipendenti Ticinesi distribuito gratuitamente ai suoi soci.

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